venerdì 27 novembre 2009

Salmi dall'Inghiottitoio

E allora mangia, Bestia!
ingolla il fango nero, la vile creta dei padroni*
la feccia che ti porgono con mani levigate
riempi il vuoto che ti colma fino a strabuzzare gli occhi,
ingrassare il piede caprino*
E allora mangia, Robota!
siediti e mastica raggi catodici
imita le loro movenze e balla stordito per far ridere la corte
il padrone ti coprirà di coriandoli verdi*
E allora mangia, Puttana!
bevi lo sperma ferino dell'homo erectus
porgi i tuoi sfinteri alle sonde petrolifere
attendi supina nel Labirinto il sibilo del cigno di tenebra tra statue di Leda gaudenti
E allora mangia, Golem!
ascolta in ginocchio e braccia conserte le nuove formule dentellate
cadi carponi ai piedi del Bagatto Neghentropico
disperdi lo Splendore e lasciati snervare da mani inguainate
E allora mangia, Matto!
bevi dalla tazza spezzata lo scherno dell'oste*
cammina veloce evitando le fetide intermittenze esistenziali dei normali
torna nel tuo piccolo regno, piccolo re!*
E allora mangia, Frocio!
inghiotti lacrime e imbastisci un sorriso rotto
i Goliath che ti vogliono impalato su una stecca da bigliardo
sono la fierezza di pavidi padri filistei e i ganzi segreti delle loro stesse madri
E allora mangia, Larva!
nutriti dei pallidi viticci carnei che pendono scossi da risa nelle public house
vaga nella penombra scansando luci chiare e tenebre interiori
attirato in danze di spettri cromatici illusori
E alllora mangia, Spastico!
addenta il pane secco di madri dagli occhi vacui e i capelli di calce,*
i tuoi occhi umidi, le tue erezioni asciutte, il tuo limpido tremito sono una bestemmia vibrante
l'androide pusillanime trarrà sollievo dalla statuaria ombra spezzata del tuo martirio*
E allora mangia, Galeotto!
sostentati col ferro aguzzo degli inquisitori, captivus diabolii*
affresca il cielsoffitto color blu cemento, ovunque tu sia che il fiato sia breve, il battito incerto*
figlio di Caino, gli arcangeli vegliano su di te, annunceranno il tuo stigma ai bottegai e ai padroni
verrai additato e scacciato, non troverai altro pane che il ferro aguzzo, gli arcangeli vegliano su di te*
E allora mangia, Fanciullo!
suggi il colostro paglierino affinchè non sia troppo tardi dopo,
quando la Madre avrà espulso dalle cervella placente di bisogni appagati*
allora verrai dimenticato in qualche stanza dell'Hotel Paradiso, *
e la Madre sbadata cullerà in camere di tenebra un tuo alter mummificato*

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